Chi sei e cosa fai di mestiere?
Sono Diego Di Maulo, Sport Data Scientist in Math&Sport. Ho studiato e mi sono formato al Politecnico di Milano, dove ho frequentato Ingegneria Matematica – un corso di studi che mette insieme la matematica ma anche tanta informatica, un po’ di fisica, tanta statistica e modelli matematici. Nel mio quotidiano, applico tutte queste conoscenze di modellistica e statistica al mondo dello sport, in particolare al Calcio.
In questo momento siete maggiormente concentrati sul Calcio Italiano?
Sicuramente sì, sul Calcio Italiano ma non solo, in realtà. I contratti più importanti ce li abbiamo in Italia, in particolare con la Lega Calcio Serie A e con DAZN. Quindi, operativamente, utilizziamo i dati e le informazioni che analizziamo in tempo reale per supportare gli staff tecnici, durante le gare, nell’analisi della partita e nel decision making, offrendo suggerimenti sullo stile di gioco della squadra o avvisi su cosa stanno facendo gli avversari – e quindi come poterli aggredire maggiormente. Allo stesso tempo, quelle stesse informazioni – ovviamente comunicate in maniera differente e con diversi fini – le si utilizzano anche su piattaforme social o di streaming televisivo – con DAZN – offrendo dei contenuti più masticabili anche dal tifoso, come pillole, curiosità e suggerimenti per il fantacalcio.
Come e dove servono i Big Data in un mondo come lo sport?
Da buono scienziato, risponderei “in qualsiasi modo”. Ad esempio, in Math&Sport seguiamo molto anche la pallavolo, proprio perché è stato il primo sport con cui abbiamo iniziato e perché è, sicuramente, uno degli sport in cui i dati sono più radicati. Da moltissimi anni, tutte le squadre hanno l’abitudine di analizzare i dati e tenerseli. Ma abbiamo preso parte anche a progetti con il tennis, il golf e il tiro con l’arco. Quindi, indipendentemente dalla tipologia di sport – individuale o di squadra, con la palla o senza palla – il dato può essere utile per numerosi motivi. Può aiutare nell’ottimizzare il gesto tecnico; quindi, tramite video, filmare un allenamento, o un gesto isolato di un atleta, e individuare i suoi punti di forza e i suoi punti di debolezza. Ma anche – questa è la cosa che a me personalmente piace molto di più – il dato può essere utilizzato come supporto strategico. In preparazione alla competizione, si può cercare di prevedere quello che farà l’avversario e, di conseguenza, cosa si potrebbe fare per contrastarlo.
Che cosa è in particolare un Virtual Coach e come funziona?
Alla base, è un insieme di algoritmi che analizza questi Big Data con l’intento di fornire rappresentazioni grafiche di quello che sta succedendo in campo, fornire dei trend individuali o di squadra – di chi sta giocando la partita – e offrire dei suggerimenti su quello che è appena accaduto e su quello che potrebbe accadere. In pratica, il Virtual Coach è un’applicazione che abbiamo sviluppato per tablet, che tengono in mano gli analisti o gli assistenti e allenatori delle squadre di Serie A durante la partita, per tenere monitorati alcuni aspetti del gioco.
Che tipo di algoritmi utilizza e, concretamente, che vantaggi offre?
Abbiamo degli algoritmi che vanno a lavorare sul dato iniziale - un dato posizionale che ci arriva con alta frequenza - che devono controllare che questi dati soddisfino determinate richieste. A questo punto, potremmo dividere gli algoritmi in più layers/strati. C’è un primo strato che analizza i gesti tecnici semplici – riconosce quando un giocatore effettua un passaggio o quando viene persa la palla dalla squadra. Dopodiché, dopo l’analisi di questi eventi basici, si vanno a creare altri strati sempre più complessi che analizzano in maniera più intelligente il gioco. Ad esempio: se si parte da un solo passaggio e poi si arriva a 25 passaggi di fila, l’algoritmo comprende che la squadra sta effettuando un’azione di attacco di un certo tipo e che sta sviluppando il gioco in una certa area del campo. Un ultimo strato, sopra quest’intelligenza, riassume tutte queste informazioni. Quindi, cosa è successo quando la squadra ha fatto questi 25 passaggi? Quante volte li ha fatti durante la partita? Si tratta di analisi globali che vanno a vedere il risultato di tutti questi strati sottostanti in maniera riassuntiva e prescrittiva.
Le figure che utilizzano questo tool sono solo gli allenatori di Serie A o entrano in campo altre professionalità nell’utilizzo di questo strumento?
Raramente è l’allenatore in prima persona ad utilizzarlo. Solitamente, lo strumento viene affidato ad una persona che è un po’ più scarica emotivamente – che deve avere predisposizione e concentrazione per guardare e analizzare quell’enorme mole di numeri. Un allenatore, durante una partita, deve già pensare a tantissime cose. Generalmente, ci sono degli assistenti in panchina – o il viceallenatore – che guardano e analizzano tutte le informazioni e sono deputati al monitoraggio di una determinata fase del gioco - per esempio, la fase d’attacco, di difesa o alcuni giocatori. Spesso, il Virtual Coach viene utilizzato anche dai Match Analyst - che sono in tribuna allo stadio o, in alcuni casi, anche da remoto – che, durante la partita, guardano continuamente il video, creano dei montaggi e dei contenuti da riguardarsi durante gli allenamenti in settimana, oppure da inviare ai membri dello staff che sono in panchina per fornire suggerimenti sui giocatori. Inoltre, lo strumento è stato molto apprezzato anche dai preparatori atletici. Questi ultimi, conoscendo la posizione in campo dei giocatori, riescono a capire anche quanto corrono, quanti scatti hanno fatto e a che velocità media sono andati. Questo dati – che possono essere rilevati, grazie al Virtual Coach, in maniera totalmente automatica, senza l’utilizzo di GPS, cinture o braccialetti, per tutti i giocatori e in tutte le partite di campionato – permettono ai preparatori di monitorare lo stato di forma e l’energia rimasta a ciascun giocatore durante una competizione. Solitamente, anche il preparatore sta in panchina o in tribuna ed è interessato agli indicatori più fisici. Una novità sono i giornalisti - o i talent scout – che devono commentare la partita per gli spettatori e che usano questi dati, magari affiancati da un’analista professionista, per arricchire il racconto. Questo è anche un modo per portare il dato, l’indicatore, al tifoso e per renderlo più commestibile per il grande pubblico. È il modo in cui si racconta un dato a fare la differenza.
Basandosi su un algoritmo di autoapprendimento – quindi nel corso degli anni, i dati aumentano, si affinano e migliora la piattaforma - che peso vi aspettate che il Virtual Coach possa avere in futuro?
Sicuramente un peso sempre maggiore. La fiducia nell’autoapprendimento è sempre molto alta e anche i risultati lo sono. Il Virtual Coach della prima partita del 2018 partiva abbastanza agnostico. Il Virtual Coach dell’ultima partita del 2025 avrà già visto migliaia di partite; quindi, magari saprà riconoscere dei pattern in maniera molto più intelligente, molto più rapidamente e molto più puntuale.
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